La vocazione alla vita religiosa è da annoverare tra i doni ineffabili che il Signore elargisce alle anime. Essa è «un dono speciale» che ha «un posto di elezione nella vita della Chiesa, in quanto esso permette a coloro che l’hanno ricevuto di conformarsi più profondamente a quel genere di vita verginale e povera, che Cristo Signore scelse per sé e che la Vergine, sua Madre, abbracciò» (ET 2).
La vocazione alla vita consacrata non è imposta dal Signore. Sua caratteristica, è la libertà. La «Evangelica testificatio» dice appunto: «Con una libera risposta all’appello dello Spirito Santo voi avete deciso di seguire il Cristo consacrandovi totalmente a Lui» (n. 7). Rispecchia lo sguardo e l’invito di amore rivolto da Gesù al giovane del Vangelo: «Se vuoi essere perfetto... vieni e seguimi - Si vis».
Oggi, forse, da molti la vocazione religiosa non è capita nella sua natura e nelle sue funzioni. Eppure «Essa è un atto di predilezione: — Dio mi conosce e mi chiama per nome» (Card. Newman). «Essa è il frutto dello Spirito Santo che sempre agisce nella Chiesa» (ET 11).
Pio XII diceva: «Se la vocazione a qualsiasi stato, in certo qual modo, si deve dire divina, in quanto l’autore principale di tutti gli stati e di tutte le disposizioni sia naturali che soprannaturali è lo stesso Dio, quanto più deve dirsi ed essere tale la vocazione religiosa e sacerdotale, poiché risplende di così sublime altezza, ripiena di tanti e così grandi pregi naturali e soprannaturali, che non possono discendere se non dal Padre dei lumi dal quale proviene ogni ottima cosa ricevuta e ogni dono perfetto?» (SS 13). E Giovanni Paolo II aggiunge: «Come non ricordare con gratitudine verso lo Spirito Santo l’abbondanza delle forme storiche di vita consacrata?... Il Sinodo ha fatto memoria di quest’opera incessante dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli dispiega le ricchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso i molteplici carismi...» (VC 5).
Ma la chiamata di Dio attende la risposta dell’uomo, «libera e responsabile». Paolo VI diceva appunto: «La vocazione sacra è un dialogo tra Dio e l’anima nel mistero della Chiesa» (5 maggio 1965). Oggi la risposta del chiamato alla vocazione religiosa è particolarmente impegnativa e richiede una coscienza limpida e sicura. Lo rileva il Papa Paolo VI, parlando alle religiose: «La vocazione religiosa nella società moderna, nel mondo femminile, specialmente, invano ricoperta dal suo silenzioso riserbo, dalla sua voluta umiltà, si accende agli occhi di tutti come un episodio singolarissimo di libertà, di coraggio, di consapevolezza, di generosità, di spiritualità, e possiamo pur dire di fortezza e di bellezza... Ditelo voi alle anime avide di perfezione e aperte all’idealismo evangelico... che cosa sia una vocazione religiosa, cui la Chiesa offre la sua severa, ma corroborante palestra ascetica, e apre gli orizzonti delle più inebrianti ascensioni dello spirito» (12 gennaio 1967). Ancora il Papa: «Ora, religiose carissime, voi avete ascoltato la voce di Dio e l’avete seguita. Non è questo il cardine, il segreto della vostra vita? Avete ascoltato - avete seguito, che cosa dobbiamo dire se non la parola di Cristo - beate voi! La beatitudine della vocazione seguita deve essere la vostra» (11 settembre 1965).
È necessaria, però, più coscienza della propria vocazione. Paolo VI diceva alle religiose: «Figlie carissime, dovete avere oggi, più coscienza della vostra vocazione. Perché? Ma perché oggi è più difficile! A un più con valore negativo occorre un più positivo... Oggi per praticare la vita religiosa, occorre più forza, occorre più convinzione, occorre più coscienza, occorre avere un eroismo interno più grande» (8 febbraio 1967). Ed ancora Giovanni Paolo II: «La vocazione delle persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a sé stessi per vivere totalmente del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare e testimoniare il volto trasfigurato di Cristo, i consacrati sono anche chiamati a un’esistenza “trasfigurata”» (VC 35). Solo così la vocazione religiosa può rendere veramente felici e donare quello che più si desidera sulla terra: la perfetta realizzazione della propria personalità e l’unione intima con Dio in amore puro.
La nostra Ven. Fondatrice non fa disquisizioni dottrinali riguardo alla vita consacrata; solo, con semplici riflessioni, intende inculcarne la stima per la bellezza, la preziosità, gli impegni.
Ella ci vuole felici nella nostra vita consacrata
Diceva: «Credete pure che il solo mio desiderio è di vedervi e sentirvi felici della vostra vocazione» (Red. 8).
È sua convinzione che la vita religiosa è il segreto della felicità. Scrivendo a Mons. Battaglia così si esprime: «Oh, quelle mie figliole si creano le croci, se non amano e non vivono la loro vita religiosa!».
Invece, sono felici se si mantengono fedeli alla loro consacrazione. Dice: «Beate loro che sono fuori del mondo e possono amare Iddio Se fossi una di loro salterei di gioia e bacerei le mura della mia casa piena di felicità» (Batt. 18).
Ancora: «Voi siete felici e quanti invidiano la vostra sorte che con la perseveranza vi darà una gioia inconcepibile ed eterna. Quante alla fine piangeranno amaramente il disprezzo che hanno avuto per la propria vocazione che le aveva unite intimamente con il loro Dio» (Red. 13).
Felicità invidiabile e profonda!
Dice la Ven. Fondatrice: «Le anime che non sono consacrate al buon Dio e che non vivono sotto una regola... potranno guadagnarsi il Paradiso, ma la loro felicità non sarà uguale alla sposa fedele che tutto ha sacrificato per Gesù Cristo» (Red. 13).
La vita religiosa ha le sue esigenze ben precise
La Costituzione conciliare «Lumen Gentium» afferma: «Ognuno che è chiamato alla professione dei consigli evangelici, ponga ogni cura nel perseverare e maggiormente eccellere nella vocazione a cui Dio l’ha chiamato, per una più grande santità della Chiesa e per la maggior gloria della Trinità, una e indivisa» (LG 47).
Le è imposta una legge di crescita e di intensità spirituale. Per ottenere tutto questo ecco i suggerimenti della Ven. Fondatrice. «In questa vita non vedrai la bellezza del tuo stato, ma aldilà ringrazierai Iddio e ne sarai beata. Osserva esattamente le tue regole, ama le tue sorelle e sii loro di buon esempio e aiuto» (Im. 10).
Breve cenno di un grande impegno...
Altrove ella dice: «Vi supplico, figlie mie, di essere esatte nel vostro dovere e adempiere le vostre regole con amore» (Red. 18).
A madre Redenta Mazzocchi, da vera madre dell’istituto, dice: «Tu però assicura (le consorelle) del grande mio affetto e del massimo mio desiderio, che tutte tutte cerchino di santificare la loro anima e sarebbe un dolore terribile per me, sentire una sola poco buona, poco religiosa» (Red. 22).
E conclude: «Credete pure che il mio solo desiderio è di vedervi e sentirvi felici della vostra vocazione» (Varie 4).
Difendere la nostra vita religiosa
Oggi bisogna pure difendere la nostra vita religiosa da infiltrazioni secolaresche, dal lassismo che imperversa e da una certa superficialità che ci ha preso tutti. Come fare? Ce lo dice la Ven. Fondatrice: «Il divenire vere religiose costa e, a questi tempi, con l’educazione moderna, è più difficile che mai... Si parla troppo, non si prega abbastanza, si è sempre poco fervorosi e pieni di difetti... ed aggiungo io, non si ama l’obbedienza che vuol dire sacrificio del proprio giudizio e della propria volontà» (Red. 33). E aggiunge: «Continuate, per amor di Dio, ad amarlo, ad ascoltare la sua voce nei sacrifici che vi domanda per lui e per il prossimo. Molto si è fatto, ma credo che il buon Dio vuole ancora molto» (Red. 35).
da p. D. Confortin OCD, "Guida e modello"